Doratura e argentatura
Molto
importante
e
distintivo
dell’arte
miniata
è
l’utilizzo
di
pigmenti
a
base
di
metallo
puro,
come
oro
e
argento,
di
leghe
o
di
succedanei.
Questa
tecnica
era
in
uso
fin
dall’antichità,
prima
in
Egitto
–
ne
sono
testimonianza
alcuni
papiri
databili
tra
il
1250
e
il
1050
a.C.,
quali
i
papiri
di
Neferronpet
e
di
Anahi,
conservati
al
British
Museum
–
e
in
seguito
presso
i
greci
e
i
romani,
per
giungere
ai
bizantini,
che
ornavano,
decoravano
ed
eseguivano
direttamente
la
stesura
del
testo tramite le tecniche della crisografia e dell’argirografia.
Le
tecniche
della
doratura
–
sotto
le
quali
ricadono
anche
quelle
dell’argentatura
e
degli
altri
metalli
–
sono
distinguibili
in
tre
gruppi.
Il
primo
prevede
l’utilizzo
di
una
lamina
sottilissima
applicata
al
supporto,
la
cosiddetta
foglia
d’oro
.
Il
secondo
si
serve
dell’oro,
o
del
metallo,
in
polvere,
e
viene
denominata
tecnica
della
doratura
a
conchiglia
.
Infine
il
metallo
poteva
essere
polverizzato
e
disperso
in
un
mezzo
legante
per
poter
essere
usato
come
inchiostro:
crisografia
,
per l’oro, e
argirografia
, per l’argento.
La
foglia
d’oro
,
di
pochi
micron
di
spessore,
si
otteneva,
fin
dall’Antico
Egitto,
per
martellamento.
La
fonte
più
comune
erano
le
monete:
i
documenti
coevi
riferiscono
che
da
un
ducato,
pesante
3
grammi,
potevano
essere
ricavate
100
lamine,
e
da
30
grammi
di
oro
si
potevano
raggiungere
le
1028
lamine.
Spesso
l’oro
non
era
puro
ma,
come
è
possibile
trovarlo
in
natura,
misto
con
l’argento,
con
le
leghe
inserite
nelle
monete
o
veniva
sostituito
con
metalli
dall’aspetto
dorato,
meno costosi ma di minore qualità, come la pirite.
Dalla
Tarda
Antichità
fino
all’età
romanica
(XII-XIII
secolo),
la
tecnica
principale
per
ottenere
la
doratura
vedeva
il
supporto
–
pergamena
o
altro
–
coperto
con
un
adesivo
di
natura
organica,
come
albume
chiarificato,
latte
di
fico,
gomma
arabica
o
gomma
ammoniacale.
Questo
adesivo
veniva,
a
volte,
addizionato
con
zucchero,
per
aumentare
l’appiccicosità,
e
su
di
esso,
infine,
era
applicata
la
foglia
d’oro.
Naturalmente
la
posa
poteva
creare
delle
increspature
sulla
superficie
della
lamina:
per
renderla
in
più
possibile
liscia,
il
miniatore
procedeva
con
la
brunitura,
il
cui
scopo
era
anche
di
aumentare
la
luminosità
della
foglia
dorata.
L’uso
del
brunitoio,
al
contrario,
non
era
consigliato
in
caso
di
utilizzo
di
colle
animali,
quale
la
colla
di
pesce.
Esse,
infatti,
producendo
un
fondo
sottile,
risultavano
troppo
fragili
per
resistere
alla
brunitura, e perciò la foglia applicata con colle animali presenta una minore lucentezza.
capitolo successivo
capitolo precedente