Un   indizio   di   questo   lo   ha   fornito   la   comparazione   di   alcune   opere   iconograficamente   simili,   la quale   ha   portato   alla   conclusione   che   esse   non   furono   la   copia   l’una   dell’altra,   ma   esse   furono miniate contemporaneamente. Con   il   XII   secolo,   peraltro,   compaiono   opere   di   genere   nuovo,   come   l’Apocalisse,   che   dopo   secoli viene   recuperata   dall’oblio   e   riportata   all’attenzione   dei   contemporanei,   e   i   poemi   cavallereschi. Questo   rinnovamento   implica   la   necessità   di   un   nuovo   apparato   iconografico,   che   si   pone   in rapporto   con   gli   stilemi   passati   per   venire   riprodotto   anche   nelle   edizioni   successive,   ma   non   in modo esatto, in una riproposizione priva di personalizzazioni. Esempio   della   molteplicità di   relazioni   in   cui i    miniatori    del    XII-XIV    secolo    si    trovano inseriti   può   essere   dato   da   Matthew   Paris. Paris,    vissuto    tra    il    1200    e    il    1259,    era monaco    e    cronista    ufficiale    dell’abazia    di Saint    Albans,    nel    sud    dell’Inghilterra,    e come   tale   aveva   a   disposizione   una   vasta   biblioteca   ricca   di   opere   da   cui   prendere   spunto.   Tra queste   le   Commedie   di   Terenzio,   da   cui   sembra   aver   ripreso   la   grande   varietà   delle   espressioni facciali, tipica delle sue illustrazioni, come quelle incluse nella Chronica Majora  (fig. 16-17).
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Testi di Davide Busi
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Al   contempo   egli,   pur   essendo   un   monaco,   per   i   compiti   diplomatici affidatigli   dai   sovrani,   era   un   uomo   in   costante   movimento,   che   ebbe la    possibilità    di    entrare    in    contatto    con    diversi    ambienti    culturali. Attraverso    questa    libertà    e    la    sua    capacità    di    osservazione    si appropriò   di   stilemi   e   modelli   sconosciuti   nella   sua   regione   di   origine. Le   teste   della   Madonna   con   il   Bambino   e   di   Cristo   inserite,   in   un foglio   sparso,   nella   Chronica   Majora    (fig.   18),   furono   probabilmente riprese    da    una    monumentale    rappresentazione    a    cui    egli    aveva avuto    modo    di    vedere.La    varietà    dei    modelli    è    osservabile,    in particolare,    nei    poemi    cavallereschi,    che    riscontrarono    grande successo    presso    il    pubblico,    in    particolare    delle    corti.    Questo successo    comportò    l’aumento    non    solo    della    richiesta    di    codici miniati,   ma   allo   stesso   tempo   del   numero   delle   illustrazioni   in   essi presenti.   Confrontando   vari   codici   è   riscontrabile   come   esistano   delle forti   correlazioni   tra   i   cicli   illustrativi,   a   partire   dalla   sequenza   delle miniature.    Eppure    è    evidente,    al    contempo,    che    non    vi    è    una riproposizione   esatta   delle   raffigurazioni,   ma   un   dialogo   tra   esigenze dei   committenti-lettori   –   spesso   intermediate   dai   librarii    –   e   i   modelli conosciuti dagli artisti, così da giungere a diverse soluzioni grafiche.