Il metodo di lavoro: dal VII all’XI secolo
I
secoli
che
vanno
dal
VII
all’XI
sono
contraddistinti
e
dominati
dagli
scriptoria
monastici.
Se
con
il
passaggio
dall’XI
al
XII,
infatti,
faranno
il
loro
ingresso,
in
modo
rilevante,
i
laici,
fino
a
poco
dopo
il
Mille
l’arte
miniata
sarà
pressoché
totale
monopolio
ecclesiastico,
in
particolare
dei
monaci.Questa
situazione
pone
la
questione
del
rapporto
con
l’autorità
(
auctoritas
)
e,
di
conseguenza,
per
la
miniatura,
con
il
principio
della
copia.
Nella
sua
Regola,
san
Benedetto
di
Norcia
ribadisce
in
più
punti
che
il
monaco
deve
sottostare
a
coloro,
come
l’abate,
che
gli
sono
superiori,
e
obbedire
all’autorità
divina,
attraverso
le
Scritture,
e
a
quella
terrena,
che
si
manifesta
in
un
ordinamento
gerarchico.
Ciò
comporta
che
i
monaci
destinati
al
lavoro
negli
scriptoria
dovessero
attenersi
ai
compiti
dati
loro
dall’abate,
ovvero
evitare
di
ricopiare
testi
diversi
da
quelli
assegnati,
e
di
copiare
in
modo
esatto
ciò
che
nei
codici
era
scritto.
Questo
approccio
acritico,
seppur
–
all’epoca
di
Benedetto
–
necessario,
comportò
ovviamente
innumerevoli
errori
nella
trascrizione
dei
testi.
Per
ciò
che
riguarda
l’arte
miniata,
il
principio
della
copia
non
dovrebbe
essere
visto
come
di
per
sé
negativo.
Esso,
infatti,
non
sottende
una
mancanza
di
abilità
e
di
creatività,
di
cui
l’arte,
per
gli
uomini
del
XXI
secolo,
dovrebbe
essere
al
contempo
portatrice
e
frutto,
ma
la
consapevole
volontà
di
seguire
un
modello.
Rispetto
alla
trascrizione
di
un
testo,
la
copia,
a
livello
di
illustrazioni,
comporta
un
approccio
maggiormente
critico:
il
gusto
artistico
era
di
certo
più
diffuso
di
quanto
lo
fosse
la
conoscenza
del
latino
e,
ancor
meno,
del
greco,
in
cui
i
testi
erano scritti.
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