Questi
dati
importanti,
tuttavia,
non
forniscono
certezze
sul
costo,
in
proporzione,
dei
materiali
e
delle
varie
fasi
del
lavoro,
quali
la
scrittura,
la
decorazione
e
la
rilegatura.A
venire
in
aiuto
in
proposito
vi
sono
altre
testimonianze.
Alla
metà
del
Trecento,
alla
corte
di
Avignone,
l’antipapa
Benedetto
XIII
affidò
un
pontificale
incompiuto
al
miniatore
spagnolo
Sancius
Gonter
perché
lo
terminasse.
Nel
testo
compaiono
degli
indizi
rilevanti:
accanto
a
ogni
iniziale
decorata,
infatti,
è
segnato
il
costo
relativo,
variabile
da
8
denari
per
i
capilettera
più
semplici
a
un
grosso
per
le
iniziali
istoriate.
Altrettanto
interessante
è
il
dato
fornito
da
uno
studio
riguardante
il
pittore
e
miniatore
francese
del
Quattrocento
Simon
Marmion.
Dalle
carte
sappiamo
che
questi
venne
retribuito,
per
una
singola
miniatura,
poco
più
di
quattro
lire.
E
quattro
lire
è
il
prezzo
che,
nel
1463,
lo
stesso
Marmion
dovette
versare
per
sostituire
il
tetto
di
paglia
con
uno
di
tegole.
D’altra
parte
sappiamo
che,
nello
stesso
periodo,
nei
territori
degli
attuali
Paesi
Bassi,
una
miniatura
era
pagata
normalmente
tre
lire
delle
Fiandre
e
che,
per
sopravvivere,
un
artista
doveva
realizzare
almeno
sessanta
miniature
all’anno.Rapporto
imprescindibile,
per
ogni
artigiano
e
professionista
dei
secoli
XIII-XV,
era
quello
con
le
corporazioni.
Anche
i
miniatori,
ovviamente,
non
potevano
prescindere
da
queste
e
sembra
che
essi
entrassero
a
far
parte
della
corporazione
dei
calligrafi
o
di
quella
dei
pittori,
anche
se
non
si
possiedono
dati
certi
riguardanti
ogni
città.
A
Parigi
vi
è
traccia
di
un
miniatore
membro
della
Confraternita
dei
calligrafi
solo
nel
1401;
a
Perugia
l’Arte
dei
miniatori esiste fin dal 1310,
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